Spesso dico che fare marketing significa trovare un equilibrio tra obiettivi, dati, psicologia e persone (perché alla fine della fiera sono loro il centro di tutto).
Per questo motivo, ho voluto dedicare un articolo per approfondire l’applicazione pratica della psicologia al marketing strategico. Capire al meglio come i nostri pensieri, sensazioni e comportamenti influiscano nelle nostre scelte, può migliorare la competitività delle imprese perché permette di ottimizzare molte azioni e strategie di marketing.
Psicologia del marketing
Il marketing ha sempre utilizzato lo studio della psicologia umana per stimolare gli acquisti, per conoscere meglio clienti e potenziali clienti e, insieme al marketing digitale, per migliorare l’immediatezza delle interazioni online. Per una introduzione a quest’argomento, puoi leggere l’articolo “Introduzione alla Psicologia del consumatore”
Psicologia applicata al marketing con metodo scientifico
È fondamentale sottolineare che non esiste la manipolazione del subconscio nel marketing, anche se è certo che nella nostra società esiste una vera paura della manipolazione. Questa paura è nata già negli anni 50, quando si scopri l’esistenza della “pubblicità subliminale”. Ti lascio un articolo della BBC che spiega bene questa situazione, l’ho letto anni fa ma è ancora oggi uno dei più validi al riguardo: Does subliminal advertising actually work? .
Comunque questa manipolazione non è mai veramente esistita. I messaggi potevano essere più aggressivi e diretti di quelli di oggi, ma non erano “manipolatori”. Doveva esistere già un interesse nel potenziale cliente per riuscire a trasmettere il messaggio.
Quindi si poteva “spingere” il messaggio per chiudere l’acquisto ma non si potevano convincere le persone a fare qualcosa che non volevano fare.
Questo sarà sempre così: se non c’è interesse, non c’è vendita possibile. Quindi se non troviamo le persone giuste, non potremmo trasmettere il messaggio. Per questo motivo, applicare la psicologia al marketing non significa cercare “trucchi” o “scorciatoie” per vendere.
Bensì incrociare alcuni degli studi della psicologia con le tecniche del marketing attraverso un metodo rigoroso e scientifico, sempre tenendo in mente gli obiettivi dell’impresa.
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Senza metodo i rischi sono alti
In un articolo recente sulla psicologia e il marketing, in cui si analizzava l’impatto delle campagne sulla sicurezza in alcune strade negli Stati Uniti, si è dimostrato come sia importantissimo applicare un metodo. Vediamo insieme le conclusioni dell’ articolo:
“Gli studi hanno dimostrato che le campagne sulla sicurezza possono portare a risultati pericolosi se pensate con una “psicologia improvvista”, la conseguenza peggiore sarà l’effetto boomerang. Infatti gli effetti boomerang spesso minano il marketing e altri messaggi progettati per influenzare le persone. Per influenzare il comportamento delle persone con criterio, si devono applicare le migliori pratiche della scienza comportamentale e misurare l’impatto delle azioni”
Marketing con l’uso della psicologia: esempi
Il paradosso della scelta
Questa teoria è stata sviluppata dallo psicologo Barry Schwartz. Nei suoi studi questo psicologo ha dimostrato che è vero che avere più scelte offre alle persone la possibilità di sentirsi più liberi, autonomi e di avere più controllo. Allo stesso tempo però quando il numero di scelte è troppo alto, il nostro cervello si satura e le nostre aspettative sulla “scelta” sono molte alte.
Di conseguenza, l’atto della scelta porta a un impatto negativo e i consumatori provano disagio e infelicità.
Se applichiamo la sua teoria, si possono individuare (e risolvere) molti problemi nel marketing delle imprese, che spesso saturano i potenziali clienti con troppe informazioni portandoli ad abbandonare le azioni.
L’avversione alla perdita
Nelle sue ricerche lo psicologo Daniel Kahneman ha comprovato che il dolore che si sente quando “si perde” è due volte più potente del piacere sentito quando “si guadagna”.
Questo bias cognitivo è molto importante se incrociato con i pain points dei nostri potenziali clienti. Questo comporterà un miglioramento di tante azioni e campagne di marketing dove si cercherà di enfattizzare questa “sensazione”.
Effetto Zeigarnik
Cosa occupa i nostri pensieri per la maggior parte del tempo? Le cose che non abbiamo ancora finito.
L’effetto Zeigarnik, nome preso dalla psicologa Bluma Zeigarnik, si basa sul fatto che il nostro cervello è programmato per compiere azioni e noi ci sentiamo appagati solo con le azioni compiute, quindi restiamo allerta/ interessati se non è così.
Se applichiamo questo al marketing, si tratta di incentivare la sensazione di mancanza, di incompletezza o di suspense associata a un prodotto/evento/azienda. Così, per esempio, quando si disegna strategicamente una campagna di storytelling, spezzare il racconto può coinvolgere di più le persone, un po’ come succede quando guardiamo un telefilm che ci piace.
Premettendo che se il racconto aziendale che c’è dietro non interessa o non è ben strutturato strategicamente, questo strumento non funzionerà.
Psicologia del marketing strategico: conclusioni
Manipolazione? Assolutamente no. Si tratta di avere strumenti utili per migliorare le azioni di marketing e comunicazione delle imprese.
Aumenta il legame tra cliente e azienda? Sì, unendo l’empatia e la consapevolezza che ogni azienda è fatta di persone, le quali interagiscono con altre persone (anche nel B2B).